Attrice teatrale, cinematografica, cantante, performer da musical, doppiatrice, regista di numerosi spettacoli ma anche imprenditrice e fondatrice dell’Accademia Magna Graecia del Parco Archeologico di Paestum: chi è davvero Sarah Falanga?
Credo di poter definire Sarah un’artigiana coraggiosa, intuitiva e con una profonda percezione delle sfumature… una donna con alcune dipendenze: la musica lirica, la pittura, la storia antica e lo studio delle radici, dei dialetti, della psicologia e dell’archeologia. Ama cantare, sorridere, cucinare per gli amici ed incontrare la GENTE (tutta la gente).
La sua casa è di tutti, accogliente e rigorosa. Ama scrivere, emozionarsi ed emozionare, ascoltare i racconti dei vecchi, coltivare la terra, non è mamma ma madre di tanti figli già nati, è autrice di copioni “a funzione catartica”, ama rischiare, proteggere i deboli ed i randagi, è fedele come un cane ai suoi cani, non sente il peso del tempo ma ne fa esperienza.o Odia stare nel comodo, perché non è comodo stare nel comodo. Non si accontenta di quanto ottenuto con fatica. È spartana, lavoratrice instancabile. Si innamora dei sogni e si adopera per rendere reale e concreta anche quella che potrebbe apparire l’impossibilità più alta. E’ una perfezionista, esigente con se stessa. La correttezza estrema è anche il suo grave difetto, quello che la ferisce di più”. Ecco cosa mi piace raccontarvi di me. E parlo di Sarah, come se la stessi osservando e spiando. Questa qualità, il guardarmi da fuori, me l’ha donata il teatro. Tutti dovremmo fare quest’esercizio. Ho fondato l’Accademia Magna Graecia per tornare nella culla dell’essere, per nutrirmi di storia.
Durante una recente intervista ha dichiarato: “Faccio questo mestiere perché ho bisogno di CERCARE”: cosa significa? Cosa cerca esattamente?
Il bisogno di cercare nasce dall’irrequietezza, dal voler capire sempre più me stessa ed il genere al quale appartengo. Cerco negli odori, nei panorami, nella storia del mondo e ricerco risposte mentre in me scaturiscono nuove domande. Tutto, poi, cerco di tradurlo in letteratura, in stralci di poesie o di racconti, di copioni che forse odierò. Cerco nei miei occhi come in quelli della gente, cerco nei cassetti le origini. Cerco la verità ed il modo per comunicarla. Cerco nella mia umanità, nella mia intimità, i pregi ed i difetti, le malattie e le trasgressioni, la cattura ed il suo rifiuto, cerco il modo per non aver paura di espormi, cerco la coerenza e l’emozione assoluta. Cerco la traduzione di tutto questo in un linguaggio comprensibile. L’attore è uno studioso, un critico, un riflessivo. L’attore nasce per erudire ed emozionare le masse, per trasmettere cultura. Altro è la cultura dei “tacchi a spillo e delle tette al vento”. Noi ci giochiamo la vita e ne vale la pena!
Le donne che interpreta sono donne dure, coraggiose, spesso difficili, eppure sono sempre colonna portante della loro storia e della vita dei personaggi che le circondano: anche lei si sente così?
Purtroppo si! E’ faticoso…ma non si può andar contro la propria vocazione.
A quale dei personaggi che ha interpretato fino ad oggi si sente più “vicina” e al contrario, più “lontana”?
Io sono vicina a tutti i personaggi, perché per portarli al pubblico devo scovarli dentro di me. Diversamente sarebbero finti e non interesserebbero né a me né al pubblico!
All’inizio dello studio di un personaggio può evidenziarsi una difficoltà, ossia quella di sentirsi subito vicina a quel personaggio. Poi scopri che quell’umanità è tutta già trascritta dentro di te. Cambiano le sfumature ma i colori dell’umanità universale sono dentro ognuno di noi. L’attore è l’artigiano che studia la tecnica per mostrare l’umanità al pubblico.
Uno degli ultimi personaggi interpretati in tv è Maria Carracci. Che aria si respira sul set di un film che ha il difficile compito di trasformare in immagini il successo letterario di Elena Ferrante? Come si è preparata ad interpretare una donna così diversa dall’immagine tipica della madre dolce e premurosa?
Respiriamo la tensione della responsabilità e la tutela di una regia sapiente. La gioia di dar vita a personaggi già così vivi “sul foglio”, da creare la paura di sporcarli. L’approccio è attento, delicato e sottile. I rapporti con i colleghi, con i tecnici, con i reparti, con la regia si traducono in armonia, gioia, abnegazione e ricerca. L’universo letterario di Elena Ferrante si specchia nella sensibilità di tutti, nella sapienza e nella gentilezza d’animo di Saverio Costanzo quale guida magnetica e coinvolgente.
Interpretare Maria Carracci è una continua sfida. Non posso perderla d’occhio un minuto! Una donna apparentemente lontanissima da me…ed invece! Mamma Maria Carracci è molto diversa dalla Signora Carracci, moglie di Don Achille. Appartiene come me a quella schiera di donne alle quali non piace fare troppe moine o farsi scorgere nel dolore o piangenti. In Maria la dignità ed il dolore del silenzio. È la moglie dello strozzino del rione e deve rispondere ad una serie di regole di comportamento adeguate al suo ruolo. E’ severa, dura, ma cede al fascino di Lila, all’idea della libertà di pensiero e di azione, del coraggio… quello stesso coraggio che non ha mai potuto esprimere.
Cercare Maria Carracci è stato un meraviglioso viaggio nelle mie origini meridionali e nella durezza di una “maschera”, quella della femmina forte ma profondamente ferita.
Cosa significa per lei l’Accademia Magna Graecia?
L’Accademia Magna Graecia è la mia culla, la mia radice primaria…è il tempio. È fertilità della ricerca, della cultura. È un ventre pieno di giovani sogni, di chicchi nati e riseminati in una terra eterna. L’Accademia è anche mia figlia, la proteggo e la rimprovero…io l’accolgo e Lei mi accoglie!
È legata ad un’altra figura di donna tragica e meravigliosa al tempo stesso: Mia Martini. Perché, cosa la lega alla sua voce, alle sue canzoni, alla sua storia?
Mi legano a Mimì i ricordi ed il presente…la suggestione del suo sguardo e le vibrazioni della sua voce. Mi lega a Mimì la determinazione, la tenacia, la tristezza celata dal sorriso…la maniacalità nello studio, la ricerca dell’imperfetta perfezione, perché si tratta di anime libere e ribelli da plasmare per la scena.
Cosa ha significato lo stop imposto del Covid-19 e come si immagina sarà la ripartenza per le professioni artistiche?
Lo STOP ha significato l’approfondimento, il navigare nei dubbi e nei silenzi. La ricerca di riposo ed il rendersi conto che nulla sarebbe cambiato.
Ho vissuto i miei cani ed i loro occhi, la loro purezza. Mi sono esercitata a dire tante verità. Ho vissuto le mancanze che solitamente sono stordite dai rumori degli impegni. Ho scoperto gli amici ed ho affrontato i nemici.
Per quanto riguarda il mio mestiere non credo sia cambiato nulla! Si sono solo dichiarate in maniera ancor più evidente le ignoranze e le nefandezze che sono riservate agli artisti. Come sempre ci inventeremo nuove regie, nuove storie e ci sorprenderemo di noi stessi: lavoratori italiani dell’arte, ineguagliabili poiché abituati agli sprezzi ed alle ristrettezze mentali di chi finge di accoglierci! Il covid? Un nuovo esercizio alla sopravvivenza.
Cosa l’ha avvicinata ad Amici per il Centrafrica Onlus? Cosa significa fare solidarietà per lei?
Mi sono da sempre dedicata al volontariato. Ma l’incontro con l’Associazione Amici per il Centrafrica è avvenuta in un momento particolare della mia vita ossia quando mi è stata negata la presenza dell’uomo che mi ha dato la vita. Io ero a Lecce con Ferzan Ozpetek. A mezzogiorno è mancato e io la sera sono andata in scena con Mine Vaganti. Ho creduto nel segno che lui mi volesse lì, che non dovessi allontanarmi.
Tre giorni dopo, ho incontrato l’Associazione al quale lo stesso Ferzan crede. In camerino, inaspettatamente, ho incrociato il cuore e gli occhi di Carola, volontaria di Amici per il Centrafrica, mi sono sentita contagiata dalla sua purezza e dall’amore, dalla sua tenacia e dalla sua verità. Ho sentito che quella era per me la grande occasione di continuare ad assaporare un gusto speciale, quello del sorriso dato dal donarsi. Non ha prezzo quella felicità!
Amici per il Centrafrica Onlus, opera dal 2001 in Repubblica Centrafricana. E’ un’associazione laica che promuove progetti legati all’istruzione, alla formazione professionale, alla coesione sociale e progetti sanitari. Ma prima di tutto Amici per il Centrafrica è una famiglia di volontari. Tutti noi che ne facciamo parte abbiamo un obiettivo comune. Ci aiutiamo tra noi e facciamo rete. C’è uno scambio emotivo e professionale. Poi ognuno di noi può andare in Africa e toccare con mano le storie di madri e bambini in difficoltà.
Fare parte di questa realtà mi ha fatto stare bene. Sto facendo concretamente qualcosa per la vita. Ci sono figli che sono nati e sono figli della vita. Abbiamo una responsabilità verso di loro. Anche inconsapevolmente abbiamo deturpato le loro ricchezze. Abbiamo il dovere di dare loro questa opportunità. La vita è un dono prezioso e noi possiamo e dobbiamo contribuire alla dignità ed alla gioia di ogni essere vivente. È questo il segreto della nostra felicità ed il senso della nostra esistenza.
Può rivelarci qualcosa sui suoi prossimi progetti?
Il mio progetto perenne è il continuare a crescere ed arricchirmi con lo studio! Ma il progetto che mi tiene impegnata le mani ed il cuore è la realizzazione dell’evento che il 9 settembre realizzeremo presso il Tempio di Nettuno (polis di Poseidonia) a Paestum. Andrà in scena la compagnia stabile dell’Accademia Magna Graecia con lo spettacolo MEDEAE..da Euripide in poi. L’intero incasso sarà devoluto all’Associazione Amici per il Centrafrica…non vedo l’ora!