Sono sempre stata una donna incapace di star ferma. Addirittura in gravidanza, il magico periodo in cui le donne sono “graziate”, ed è socialmente accettabile che non facciano quasi nulla, ho lavorato fino a due ore prima del ricovero in ospedale.
Sono stata operata al cuore e avevo telefono e pc per continuare imperterrita a lavorare in ospedale.
Mi sono sempre sentita in dovere di lavorare tanto, per potermi godere il poco tempo libero che mi rimaneva a disposizione. Un pensiero sbagliato e contorto, fondato su non so quale senso di colpa.
Sono una mamma single, con un lavoro a tempo pieno, un gatto e un cane. Vivevo le mie giornate incastrando piccoli pezzi di un puzzle: alzati, fai colazione con il piccolo, fai un quarto d’ora di balletti e canti con lui, vestilo, consegnalo ai nonni che lo portano al nido, poi vestiti in fretta e furia e timbra il cartellino (perennemente in ritardo). Mangia in ufficio, esci alle 18,30 e corri a far la spesa, torna a casa, porta a spasso il cane. Ussignur, hai addirittura 10 minuti liberi…che fai? Ti siedi sul divano? No no, se no poi non vuoi alzarti…allora aziona la lavatrice, prepara la cena, per poter accogliere il piccolo di ritorno alle 19,30 e poterti godere la serata con lui.
Poi è arrivata la quarantena. E lo smart working. Tempi rallentati, nuovi spazi. Molto, molto tempo per pensare e riflettere.
La quarantena mi ha permesso di ricominciare a godere della mia vita. Di quello che avevo perso, correndo e incastrando tutti i piccoli pezzettini del puzzle. Di alzarmi prima per poter bere un caffè lungo, davanti a una serie, perché il nanetto rosso di due anni, ora che non va al nido, è attivo fino a mezzanotte inoltrata e in questa casa, si guardano solo Masha e Orso oppure la buonanima di Freddie Mercury.
Mi ha donato il tempo di rimanere abbracciata a lui mezz’ora in più al mattino, tanto anche se lo vesto più tardi, non c’è nessuno che ci chiude le porte dell’asilo, ma al massimo un nonno che non vede l’ora di abbracciarlo.
Il piacere di sedermi al pc e scrivere in assoluto silenzio, lasciando confluire tutti i pensieri.
E arrivano le 18, come ogni giorno, quando quasi a fatica mi infilo le scarpe per portare la cagnetta a fare passeggiate che non si sarebbe mai sognata durante la frenetica routine. Durante questi momenti respiro aria, seppur filtrata dalla mascherina, che mi da ossigeno ai pensieri. E capisco cosa mi sono persa fino ad oggi…
Giornate in cui l’ansia era sovrana, la paura di non riuscire a far tutto attanagliava la mia mente. E adesso? Ce la faccio, e anche meglio, forse.
Magica quarantena, mi ha aperto la mente. Mi ha fatto capire che la vita non va sprecata e nemmeno il tempo. Perché alcuni momenti non tornano più. E che il lavoro, se lo sai fare, c’è sempre, come gli amici veri.
Ecco gli amici… sono sempre stata una persona che si sentiva in colpa anche per il tempo che non riusciva a dedicare abbondantemente a loro. Adesso, mi godo i silenzi di un telefono spento alle 23 per potermi guardare in pace una serie su Netflix senza dover compiacere nessuno rispondendo a messaggi inviati per noia. Perché chi c’è, rispetta te e i tuoi tempi. Senza l’ansia della risposta compulsiva perché “altrimenti ti dicono che sei sempre occupata”. No. L’amore, l’amicizia, gli affetti, quelli veri, resistono all’attesa. Ma, darwinianamente parlando, solo i più forti resistono. E questo pensiero mi accompagna facendomi sentire protetta. Benedetta quarantena.