La felicità fra 4 mura

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“Take me out tonight because I want to see people, and I want to see lights”.
Ironia della sorte: mi accingo a scrivere della clausura causa Covid-19 e dalla radio mi arriva la voce di Morrisey (bellissima) che canta questo verso di una delle canzoni più riuscite dei The SmithsThere is a light that never goes out”.

E mi fermo un attimo a pensare quanto senta la mancanza dell’uscire a bermi un buon bicchiere di vino con le amiche o con il mio compagno e vedere il lungomare di Bari che piano piano si accende di tutte le sue luci, ascoltando il chiacchiericcio degli amici che mi circondano.

Eppure sono quasi passati 40 giorni e 40 notti (cit.) da quell’11 Marzo che qui a Bari ha significato lock down e insieme la pressione del tasto pausa per le nostre attività.

Sì perché la vita va fortunatamente avanti nonostante il nostro lavoro, la sabbia che riempie la clessidra delle nostre giornate, sia in pausa. E allora che si fa se ciò che riempie giorno dopo giorno il nostro tempo, dall’oggi al domani si ferma? Ci si reinventa o semplicemente si ricomincia a pensare a se stessi, alla propria essenza, perché fino a che punto siamo quello che facciamo? Io sono il mio evento o semplicemente una volta che l’ho organizzato e terminato non esiste più? Chi si ricorda cosa ho organizzato 5 anni fa? Probabilmente solo io, che su quell’intera giornata, che per gli altri sarà stato un congresso, una festa o un matrimonio come un altro, ho lavorato 6 mesi.

E si perché il mio lavoro è futuro e in un momento in cui il futuro è totalmente incerto, il mio lavoro si ferma, frena; anzi tira il freno a mano e fa un bel testa coda perché si tratta di imboccare una nuova strada, con l’urgenza per gli operatori del settore MICE di trovare una soluzione.

La prossimità sociale, gli scambi di idee, sorrisi e strette di mano, i viaggi per vedere le location, per conoscere i fornitori, sono parte integrante e bellissima del mio lavoro ed eliminare queste attività significa strappare il cuore all’organizzazione di un evento. Se gli assembramenti saranno vietati fino a data da destinarsi non solo il mio lavoro, ma anche molte delle cose che amo fare, come partecipare ai concerti, andare a teatro o allo stadio, non le potrò fare per chissà quanto tempo e qui tocca trovare una soluzione urgentemente perché le attività citate sì sono mie passioni, ma sono anche motori di un settore di cui in pochi parlano. Chi dice che si tratta di mero intrattenimento e può aspettare, non fa bene i conti: l’intrattenimento incanala tanti interessi economici, è un funnel imperdibile per l’economia italiana dei servizi.

Se per eventi scientifici si parla di FAD (formazione a distanza), che voleva essere il futuro prossimo dell’educazione continua in medicina e si scopre ad essere l’unico presente possibile, per le altre tipologie di eventi la situazione è molto più complicata.

La Puglia si sa è terra fertile per festeggiamenti e i matrimoni la fanno da padrone tra Aprile e Ottobre. Meta di stranieri che amano sposarsi all’ombra degli ulivi, quello dei matrimoni è una fetta di mercato importantissima per la nostra Regione e gli operatori, amici e colleghi, sentiti in questi giorni sono terrorizzati perché tra rinvii a data da destinarsi e cancellazioni, tentano di barcamenarsi nella speranza che passi in fretta non solo la pandemia ma soprattutto la paura di stare uno accanto all’altro.

E quindi la verità è che sì per fortuna che esiste la tecnologia, che ci aiuta nell’organizzazione in remoto di un evento, nella risposta alle e-mail, nella creazione di newsletter accattivanti o messaggi social votati alla speranza di ricominciare tutto come prima, anzi meglio, e al più presto; ma come dicevo, la verità è che senza la socialità di cui si compone il nostro quotidiano molti lavori, tra cui il mio, avranno enormi difficoltà a ripartire. Se pongo le basi per l’organizzazione di evento a cui le persone non possono prendere parte, cosa lo organizzo a fare?!

Questi sono alcuni dei quesiti che mi girano in testa in queste ore di quarantena, che temevo essere lunghissime e sostanzialmente vuote, e invece sono intensamente piene di me, dei miei affetti, delle mie passioni e mi ritrovo a pensare che sono quasi 40 giorni ma non ne sento il peso. Mi sembra come quelle storie d’amore bellissime, in cui passa il tempo e pensi “ma davvero sono già passati tot anni da quando siamo insieme?”. Ebbene sì, la mia quarantena è una storia d’amore bellissima con me stessa.

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Mi sono riappropriata del mio tempo riscoprendo vecchie passioni che avevo messo da parte per mancanza di tempo o per pigrizia, spingendomi all’interno di nuove, come un’esploratrice curiosa.

In questa nuova veste da Indiana Jones della quarantena ho innanzitutto recuperato il mio vecchio materassino da yoga, acquistato circa 15 anni fa (sic!) e lasciato in un armadio. Ho scoperto quindi che lo yoga è come andare in bicicletta (mi fido di chi lo dice perché io in bicicletta non so andarci): una volta che l’hai praticato non dimentichi le asana e non dimentichi tutti gli accorgimenti che la tua insegnante si premurava di darti per evitare acciacchi. E ti ricordi pure la voce dell’insegnante.
Ho intrapreso una nuova routine in cui un’ora di yoga guidata da un’ottima insegnante on-line, più una decina di minuti di meditazione mi danno la giuste dose di endorfine per affrontare al meglio la giornata.

Ho, come tanti, esplorato i segreti della cucina, ma di questo non parlerò perché da buona italiana terrona non poteva essere diversamente. Ho ricominciato a scrivere: ho riacceso il pc per il puro gusto di scrivere di me stessa, delle mie idee, delle mie riflessioni, un passo di cui avevo bisogno e di cui la vita frenetica a cui tutti ci sottoponiamo, mi aveva privato. Con tutto questo meraviglioso tempo a disposizione mi sono fatta un the, di quelli buoni, quelli acquistati durante i miei viaggi nel sud est asiatico, mi sono seduta davanti al pc e, come le serie tv americane, ho guardato fuori dalla finestra e preso ispirazione per ricominciare a scrivere.

Ammetto di aver tralasciato la beauty routine, ma solo perché la mia pelle, mista e sensibile, forse per la mancanza di smog o di stress appare bellissima, come non lo era da quando avevo 20 anni. Tonico astringente, un lavaggio quotidiano con il mio fido detergente non sapone dell’Avene, crema giorno ed ecco qui la gioventù che bussa alla mia porta.

Leggo tantissimo: dai romanzi ai saggi, dalle poesie ai libri d’arte. Ho scoperto che mi piace tanto Chiara Gamberale, letta per caso in seguito ad un libro regalato, è stata la compagna di tanti pomeriggi assolati. Si perché qui a Bari di sole ce n’è sempre tanto, ma in questi 40 giorni mi è sembrato un po’ di più.

Ho riscoperto casa e quanto mi piace viverla, gustarmela ad ogni ora del giorno, dalla mattina quando il sole è a picco sul mare a quando la brezza del tardo pomeriggio smuove le piante sul terrazzo. L’ho rivoltata, pulita in ogni angolo e rivoluzionata, ma non perché “andava fatto”, ma per me, per i miei spazi. Anche se i quadri no, non li ho ancora appesi. Ma di questo dò parte della responsabilità al mio compagno, spalla forte su cui piangere, ridere, accoccolarmi e anche un po’ “odiare” in questo momento.

Forse quello che mi sento di prendere da questa pausa forzata e forzosa è la consapevolezza. Di me, della mia vita, delle mie scelte. La consapevolezza che forse i rapporti sociali non torneranno ad essere più quelli di prima, con la stessa spontaneità e leggerezza, ma gli stronzi quelli ci saranno sempre, che come ha detto il maestro Guccini a “Un giorno da pecora” dopo la pandemia non saremo migliori, non impareremo nulla nemmeno stavolta.

Io per il momento ho imparato una cosa: che anche in casa, anche costretti tra quattro mura, si può essere felici.