Atterro quasi per caso (la magia dei social) su questo libro, “THE MAGAZINE“, pubblicato da Sperling&Kupfer, firmato Roberta Lippi. E altrettanto per caso mi si apre davanti un universo parallelo di cui sì, ho sempre avuto consapevolezza, ma che non avevo mai guardato così, dall’interno. Chi mi conosce lo sa che per anni ho lavorato in una redazione digitale, che fra le altre, aveva testate dedicate a moda e lusso, di cui sono stata responsabile editoriale. Un micro universo, nulla a che vedere con Vogue.it ovviamente, che però mi ha aperto uno spiraglio nella realtà dorata ma anche un po’ “ammaccata” dell’editoria digitale femminile. Il magico mondo della stampa di moda, dove tutto sembra incredibilmente bello. Ma anche no. E sentirselo raccontare da qualcuno che per 5 anni ha varcato la soglia del bel palazzo d’epoca in piazzale Cadorna, è davvero tutta un’altra storia.
Il libro di Roberta Lippi è un “memoir“, ovvero una raccolta lucida e divertente, a tratti pungente, ma sempre comunque estremamente sincera, di 5 anni di vita lavorativa (e non) trascorsi all’interno della redazione più famosa del mondo: Vogue Italia. E no, non Vogue oggi, ma quel Vogue che poteva vantare di veder scorrazzare nei suoi corridori Lazlo, il cucciolo di Franca Sozzani, il Direttore, negli anni in cui il fermento digitale faceva sembrare possibile tutto.
Parliamo di 10 anni fa circa, quando Vogue.it stava per nascere, o meglio come rivela Roberta, era fra le mani di sviluppatori norvegesi, mentre a Milano, nei corridoi del 3° piano della sede milanese di Vogue si produceva una caterva di contenuti che avrebbero dovuto dare al tempo stesso la sensazione che Vogue.it esistesse da sempre e che fosse il MANUALE ONLINE per tutti gli appassionati di moda.
E il racconto di Roberta Lippi – che per inciso è autrice, giornalista, docente multimediale e responsabile dei contenuti originali di Dude Originals e FeST – Il Festival delle Serie TV, nonché conduttrice radiofonica con Francesca Scherini di DOC, su Radio Popolare e del podcast “Love Bombing” su StorieLibere.fm (insomma tanta, tantissima roba) – scorre veloce, divertendo e facendo riflettere al tempo stesso.
A chi suggerisco la lettura di questo libro? A tutti: a chi songa di lavorare nel mondo della moda e a chi ci ha lavorato e se ne porta dietro le conseguenze. A chi lavora nel mondo dell’editoria digitale che “non ce la fa a farcela”. A chi si è formato nel ‘900 ed finito a fare il social media manager. Ma in generale a tutti quelli che stanno per affacciarsi al mondo del lavoro o a chi ricopre ruoli manageriali, a chi ama ciò che fa o a chi sta vivendo il momento buio del “ma io cosa ci faccio qui?”.
Perché questo libro racconta l’esperienza di Roberta all’interno di una redazione “famosa”, descrivendo vizi (tanti) e virtù (forse non abbastanza) dell’editoria digitale (e non), ma infondo parla di lavoro e di vita. Di come spesso l’ufficio diventi un micro cosmo intorno al quale ruotano persone e fatti, simili oppure completamente diversi fra loro, che si incontrano alla macchinetta del caffè o sul “ballatoio dei fumatori”. Parla di capi e di stagiste, di noi tutti, che almeno una volta nella vita abbiamo sognato di salire su un palco, davanti ad una platea di “assuefatti dal lavoro”, per urlare un liberatorio, fantozziano, perentorio “La corazzata Potëmkin è una cagata pazzesca!”